Da L’Arena – Fogliani: «Otello, una sfida al rigore assoluto di Verdi»
Di seguito riportiamo un articolo del giornale “L’Arena” del 4 febbraio 2018.
Oggi alle 15.30, debutta l’Otello di Giuseppe Verdi, titolo che ufficialmente inaugura la stagione lirica 2018 della Fondazione Arena al Teatro Filarmonico. L’allestimento, coproduzione tra la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia e la Fondazione Arena, porta la firma di Francesco Micheli per la regia ripresa da Giorgia Guerra, Edoardo Sanchi per le scene, Silvia Aymonino per i costumi e Fabio Barettin per il lighting design. Sul podio alla guida dell’Orchestra dell’Arena, del Coro preparato da Vito Lombardi, del Coro di voci bianche A.Li.Ve diretto da Paolo Facincani e di grandi interpreti verdiani ritroviamo Antonino Fogliani, impegnato per la prima volta con questa partitura. Repliche martedì 6 alle 19, giovedì 8 alle 20 e domenica 11 alle 15.30. Abbiamo parlato di questo debutto con il maestro Fogliani. Maestro come giudica questa terza chiamata ravvicinata della Fondazione Arena: un premio? Poter dirigere i meravigliosi complessi areniani è per me un privilegio. Non so se sia giusto parlare di premio: non nascondo però che è nato un feeling particolare con i colleghi tutti della Fondazione. Abbiamo iniziato un bel percorso pieno di stimoli e complicità. Credo che questo rapporto sia destinato a continuare. Dopo le due Tosca, ora Otello. Un’opera abbastanza impegnativa. Che ne pensa? Tutte le opere di Verdi, affrontate con coscienza, presentano difficoltà interpretative. Questo discorso vale un po’ per tutto il repertorio, ma Verdi, grande uomo di teatro, esige sempre una serietà nell’approccio interpretativo da parte dei suoi interpreti. In Otello non c’è un attimo di respiro. Bisogna essere capaci di affrontare l’intera partitura con tensione e lucidità. Credo che il dettato verdiano sia così chiaro che non si possa tollerare alcun cedimento. In Verdi amo molto la lezione dell’asciuttezza. Che influenze di altri compositori sono confluite in questa grande partitura? Ovviamente Wagner, ma con il miracolo di vedere e sentire quello stile completamente assimilato e “digerito” dallo stesso Verdi in modo così personale da risultare non un ammiccare ad una moda quanto un’evoluzione naturale del suo stesso stile. Quali sono i momenti più problematici per l’insieme orchestrale? Diversi momenti, come ad esempio il grande concertato del terzo atto. Ma la scrittura è così sapiente che quella difficoltà non risulta ostica ma funzionale alla drammaticità della situazione. Verdi tocca qui vertici assoluti? Dove non c’è riuscito nella sua vita? Verdi non si è mai cullato dei suoi successi così come non ha risentito dei suoi insuccessi. Ha lavorato con sapienza per migliorarsi sempre. Ogni sua opera è per me la tappa di una scalata. Otello è un capolavoro assoluto. E’ davvero la sola mancanza di un grande tenore drammatico, la causa che quest’opera sia poco praticata rispetto ad altre del catalogo verdiano? Questa è una valida ragione. Ma credo che Otello non sia un’opera nazional-popolare. È difficile anche per il regista e per lo scenografo. Farla vuol dire sottoporsi ad uno sforzo titanico. Come in questo caso l’opera non sta vivendo di ricordi del grande del passato? Una consuetudine che potrebbe essere deleteria per il suo futuro? Quando Maurel (il primo Falstaff) chiese all’ impresario scaligero Piontelli l’esclusiva di un anno sul ruolo di Falstaff in modo da essere lui solo interprete principale dell’opera, Verdi si arrabbiò a tal punto da affermare che avrebbe preferito bruciare la sua opera pur di non sottostare ad un tale ricatto. Verdi era una persona seria. Chi afferma che senza un Del Monaco non si possa eseguire un Otello o chi vive di soli ricordi del passato vive male. Otello continuerà a vivere e a risuonare nei teatri di tutto il mondo per sempre. • G.V.