FIORI D’ABRUZZO AL CHIOSTRO DI SANT’EUFEMIA

FIORI D’ABRUZZO AL CHIOSTRO DI SANT’EUFEMIA

Il maestro Concezio Leonzi sarà protagonista ad InChiostro Vivo 2021 con un programma di musiche di Antonio Di Jorio, poliedrico compositore e direttore di banda abruzzese nato nel 1890 e morto nel 1981. L’autore è vissuto anche ad Atri, città dove il maestro Leonzi è attivo e inoltre curatore dell’archivio Di Jorio, vero scrigno di musiche inedite e bellissime.

Maestro Leonzi, ci parli di lei e del suo percorso artistico e di come è arrivato alle musiche di Di Jorio.

«Cominciai lo studio della musica da bambino, prima nella scuola popolare di musica, poi nella Schola Cantorum della Chiesa di San Francesco, vicino casa, dove cantavo come solista. Avevo sei o sette anni. Come voce bianca continuai fino a 13 anni, proprio come accade nel vostro coro A.LI.VE. Poi il Conservatorio a Pescara: studiai flauto con Alessio Persichilli, già primo flauto al Teatro Alla Scala. Ma il leit-motiv della mia vita è rimasto il coro “Di Jorio” di Atri, principio della mia attività e che ancora oggi costituisce il mio impegno più importante. Cominciai a dirigerlo poco più che ventenne. Mi fu molto utile l’incarico che per tre anni svolsi come preparatore delle sezioni corali: in tal modo scrutavo i segreti della partitura corale e ne assorbivo le modalità tecniche che un direttore deve assolutamente conoscere. Con il soprano Anna Guerrieri studiai canto lirico, approfondendo soprattutto la tecnica vocale e il repertorio cameristico. Nel 1987, quando la Schola Cantorum di Atri stava tramontando per l’avanzare dell’età dei coristi, fondai il giovane coro polifonico maschile “Aristotele Pacini”, la cui direzione fu subito affidata a mio fratello Carmine e per qualche anno a me. Dal 1981 dirigo il Coro “Antonio Di Jorio” di Atri che si dedica soprattutto alla musica popolare abruzzese e a quella di Antonio Di Jorio in particolare».

L’Italia è certamente ricchissima di scrigni musicali preziosissimi, cosa vuol dire gestire un archivio musicale al giorno d’oggi?

«Gestire un archivio musicale richiede studio, conoscenza della materia, ma soprattutto tanta passione, indispensabile per superare le barriere burocratiche che a volte si pongono come ostacolo all’attività ordinaria. È fondamentale che le istituzioni locali comprendano il peso culturale che l’attività archivistica e di studio ha e deve avere nella vita della comunità. E qui la cosa si fa complessa, data la natura silenziosa e defilata di un archivio che fa poco rumore, in una società in cui quasi sempre prevale chi più alza la voce. Ecco perché in Italia gli archivi musicali, specie quelli piccoli (ma qui l’aggettivo è assolutamente improprio) hanno scarso potere decisionale nel panorama culturale delle città in cui operano. L’Archivio Di Jorio di Atri, che coordino da venticinque anni, è di proprietà comunale, ma solo da qualche anno è riuscito ad istituzionalizzare un appuntamento estivo in città, “Di Jorio d’estate”, in cui presenta al pubblico il lavoro di ricerca dell’anno: una pubblicazione cartacea, una tesi di laurea, o un CD della collana discografica».  

Il suo arrivo a Verona con un quintetto di giovani musicisti è molto atteso, il titolo del concerto “Fiori d’Abruzzo” è già di per sé invitante. Ci può spiegare come sarà strutturato il concerto?

«Protagonista del concerto che il Maestro Paolo Facincani ha voluto includere nel cartellone di Inchiostro Vivo 2021 è, ovviamente, il quintetto di giovani musicisti abruzzesi, che hanno aggiunto nel loro repertorio classico questa silloge di brani di radice popolare. Desidero qui ricordarli: Maria Cama (flauto), Nick Di Giovanni (oboe), Rino Di Camillo (clarinetto), Cecilia De Novellis (corno) e Davide Aquino (fagotto). Io mi limiterò a porgere un saluto al pubblico e ad accennare brevemente ai quintetti che ascolteremo. “Fiori d’Abruzzo”: ho voluto intitolare così la collana perché, come corolle variopinte, desiderano porgere all’ascoltatore la freschezza delle modalità musicali tipiche della nostra terra d’Abruzzo.

Vecchie nenie, saltarelli giocosi, barcarole appassionate, in cui sono riconoscibili anche atmosfere dell’area meridionale, campana in particolare. Occupandomi, in questi lunghi anni, di Antonio Di Jorio, ho avuto la possibilità di scoprire di giorno in giorno la bellezza delle sue musiche e dei suoi canti abruzzesi: pur semplici, hanno tra le righe sempre quel guizzo d’arte che fa la differenza, quel particolare accordo, quel tocco da maestro, quel passaggio armonico che Di Jorio sapeva fare con stile unico e riconoscibile. Perché, allora, mi sono chiesto, non focalizzare per una volta l’attenzione verso la bellezza assoluta della musica? Di qui l’idea di pubblicare i canti abruzzesi di Di Jorio, questa volta privi del testo poetico, in una versione per quintetto di fiati, divisi in otto raccolte».

Come ha conosciuto il Maestro Facincani e in che modo collaborate?

«Ci siamo conosciuti nel settembre 1990 a Recoaro Mille, in occasione di un corso residenziale di perfezionamento sulla polifonia rinascimentale e barocca della Scuola Veneziana. Furono giorni di studio intensi e, come si può immaginare, ricchi di socialità. Eravamo poco più che ragazzi e c’era tanta voglia di conoscenza e di confrontare le nostre esperienze con quelle dei giovani colleghi con la comune passione per la direzione di coro. Finito il corso mi fermai a Verona per qualche giorno e con il Maestro Facincani nacque un’amicizia che nonostante gli anni non si è mai spenta. Anzi. A volte ci confrontiamo su tematiche che riguardano la didattica corale o le nostre esperienze artistiche. L’anno scorso, durante una breve vacanza ad Atri, il Maestro Facincani e la signora Rosalba, dopo aver ascoltato il CD con i “Fiori d’Abruzzo” mi hanno proposto di includerli nel cartellone di Inchiostro Vivo 21 di Verona. Naturalmente li ringrazio affettuosamente per l’opportunità di portare un po’ della musica della mia regione in Terra Veneta».

A cura di Alice Martini