LE SOLISTE DI A.LI.VE. ELENA FEZGA E VIRGINIA SOLLAZZI CASTAGNETTI SI RACCONTANO

LE SOLISTE DI A.LI.VE. ELENA FEZGA E VIRGINIA SOLLAZZI CASTAGNETTI SI RACCONTANO

Quest’anno le due giovani soliste Elena Fezga e Virginia Sollazzi Castagnetti si esibiranno più volte nel Chiostro di Sant’Eufemia nell’ambito del Festival InChiostro Vivo 2021. Due (o forse tre) concerti sul repertorio giovanile di Giorgio Gaber, un concerto su canzoni napoletane ed infine soliste nei madrigali del Festino di A. Banchieri. L’ingresso è su prenotazione, i biglietti si possono prenotare qui.

Elena e Virginia, sembra che A.LI.VE. quest’anno abbia decisamente puntato sulle vostre voci: che effetto vi fa cantare questi repertori estremamente differenti?

Virginia: «Abbiamo sempre spaziato sperimentando vari repertori, ma mai come quest’anno. È un notevole banco di prova, dal punto di vista tecnico ed interpretativo. È una sfida che il maestro ci ha lanciato e noi abbiamo accolto al volo!».

Elena: «Credo che per la formazione di un’artista, cantante, pianista, attore che sia, sia necessario e di estrema importanza fare esperienza di stili, repertori, tecniche e aspetti diversi del percorso di studi che viene affrontato. Forse, provare ad imparare repertori e stili diversi può metterci alla prova e farci scoprire nuovi aspetti della nostra passione».

Come è stata la vostra preparazione in quest’anno accademico per lo studio e la preparazione ai vari repertori?

V: «In linea con la varietà del repertorio, alla base della nostra preparazione di quest’anno c’è un percorso tecnico/teorico ben pensato per arrivare infine a mettere in pratica il tutto con i concerti di In Chiostro Vivo. Dalla lettura musicale, il solfeggio e le scale, ai vocalizzi di Tosti. Il maestro Paolo ha dedicato gran parte del suo tempo su noi solisti, e per noi non intendo solamente io ed Elena, ma tutti i ragazzi che avrete il piacere di sentire nell’arco di questa rassegna». 

E: «Quest’anno siamo state spremute per bene! Scherzi a parte, abbiamo affrontato lo studio di repertori completamente diversi tra loro, che di conseguenza richiedevano approcci differenti. Io mi sono sentita messa molto alla prova! E mi è piaciuto! ».

Giorgio Gaber, come lo avete scoperto e com’è interpretare il suo repertorio?

V: «Ad un primo ascolto interpretare Gaber mi sembrava al tempo stesso impossibile, poiché appartiene ad un’epoca per me “lontana”, quanto al tempo stesso una sfida assai interessante. Spero di aver colto l’essenza del grande maestro G per intrappolarvi in questo mondo parallelo che abbiamo creato per voi, ma anche un pochino per noi».

E: «Credo siano in pochi a non conoscere almeno una canzone di Gaber! È impossibile nascere e crescere in Italia senza incontrarne una almeno una volta. Sinceramente, non mi ero mai soffermata molto, purtroppo, sulla sua discografia, ma posso affermare ora che è stata una bellissima (ri)scoperta! Interpretare Gaber è difficile, era e rimane un personaggio insostituibile. È un rischio, quello indubbiamente».

Parliamo della musica del Seicento, dei madrigali del Festino di Banchieri, ci spiegate come si riesce a cantare un madrigale?

V: «Lo si canta ascoltando se stessi e gli altri. Lo si canta con tanto studio alle spalle, con un’intreccio di connessioni tra “colleghi”».

E: «Per cantare un madrigale servono tre cose fondamentali: lo studio, l’ascolto degli altri e l’autocontrollo. Sull’ultimo, devo dire, ci sto ancora lavorando!». 

Arriviamo alle canzoni napoletane, vero banco di prova di tutti i cantanti. Come cambia in questo repertorio la musicalità e l’approccio?

V: «Le canzoni napoletane ci permettono di mettere in pratica tutti gli insegnamenti della nostra maestra di canto solistico, Daniela. Lei ci sta insegnando le basi. Io personalmente ho abbattuto svariati muri insieme a lei. Questo repertorio ci ha aiutato».

E: «Le canzoni napoletane sono state un po’ il mio tormento quest’anno. Scherzo, però sono state il repertorio che più ho faticato ad eseguire, quello sicuramente. Sono molto lontane dalla mia “isola sicura”, quindi ci ho dovuto sbattere il muso più e più volte prima di capire che forse riuscivo a cantare anche quello!».

Come ci si prepara ad un Festival che voi vivrete da protagoniste? Come studiate e che tensione provate?

V: «Considerando che fino a poco fa non sapevamo se saremmo riusciti o meno a dare vita a tutto questo, direi che la viviamo con grande gioia e speranza. Il maestro Facincani ci ha sempre aperto la porta quando ne avevamo bisogno, si è preso carico della nostra preparazione mettendoci anima e corpo. La tensione è tanta, ma anche la preparazione che ci sta dietro. Ora sta a noi non deludere le aspettative e regalargli soddisfazione». 

E: «Io non vedo l’ora! Sento la necessità di esibirmi davanti ad un pubblico e di far vedere cosa so fare di nuovo e come sono cresciuta. Io studio per sfinimento. Se una cosa non mi riesce, deve per forza. Ma ammetto che studiare per i concerti da solista non mi porta mai a sentire il peso dello studio. Proprio perché il sentimento che più vivo, soprattutto a ridosso dei concerti, è l’adrenalina e il bisogno di cantare!».

Dopo INCHIOSTRO VIVO che sogni farete per il vostro futuro artistico?

V: «Dopo In Chiostro Vivo spero di riuscire a concretizzare un progetto che mi ronza in testa da mesi. Diciamo che quest’anno mi ha ispirata! Ma non vi dirò altro!».

E: «Io spero di riuscire in qualche modo, devo ancora capire bene come, a farmi notare, a far pensare a qualcuno di importante nel mondo della musica che anche io ho qualcosa da offrire e che ho studiato anni per metterla in pratica e coltivare la mia passione. Se sogno di diventare una cantante professionista? Certo che sì».

A cura di Alice Martini