LUISA NADALINI: UNA VITA DEDICATA ALL’ASCOLTO E ALLA CURA
A cura di Alice Martini
Luisa Nadalini, Psicologa e Psicoterapeuta, già Responsabile di Unità S. Dipartimentale Psicologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona, sarà ospite di Inchiostro Vivo sabato 18 luglio alle 18.00 con il suo Salotto Culturale sull’Eredità, lavoro proposto dal gruppo teatrale e farà una riflessione sul legame tra eredità e memoria, ciò che collega il passato al presente, la trasmissione di valori, il processo del ricordo e dell’oblio.
Mi racconti la sua carriera lavorativa
«Sono nata a Trecenta di Rovigo ma vivo a Verona da trent’anni anni. Mi sono laureata in Psicologia a Indirizzo Clinico presso l’Università agli Studi di Padova alla fine degli anni 70, con una tesi sperimentale svolta presso l’Ospedale Psichiatrico di Rovigo. Ho proseguito nel corso degli anni la mia formazione in Psicoterapia, a favore di bambini, adolescenti e adulti. Ho iniziato con l’autismo infantile. Da alcune settimane svolgo la mia attività in un Centro Medico Specialistico privato di Verona. Ho scelto di lavorare nella sanità pubblica da subito. Ho svolto Il mio lavoro in tre realtà ULS, a Rovigo, dove ero responsabile di un Consultorio familiare, poi a San Bonifacio-Soave e Verona, prima di giungere in ambito ospedaliero agli inizi del 1995, presso la Neurologia del Prof. Ferrari, realtà nella quale ho contribuito al realizzarsi del Servizio di Psicologia Clinica. Proprio in queste mie esperienze ho incontrato dolore, sofferenze, bisogni, problemi, che vanno maggiormente ad incidere su come i pazienti affrontano le malattie durante la vita. Alcuni esempi sono difficoltà dovuti a separazioni, conflitti familiari, problematiche legate all’ansia e alla depressione che coincidono oppure si presentano con malattie che sconvolgono la vita. Mi sono occupata molto anche degli adolescenti e ho una formazione specifica a riguardo. In queste esperienze ho notato la frequente incapacità di tollerare la frustrazione e il cambiamento. Finché non interviene una malattia di una certa gravità acuta o cronica, ogni essere umano ha la percezione di essere invincibile, quando essa si presenta, il nostro “mondo interiore” fatto di certezze va in crisi e si frattura il nostro senso di “essere proiettati all’infinito verso il futuro”».
Ha pubblicato un paio di romanzi letterari nella sua carriera, come ha affrontato le problematiche di cui è stata testimone?
«Nella mia carriera professionale, incontrando tanti tipi di dolori e avendo la possibilità di mettere in atto un’attività terapeutica, ho cominciato ad appuntarmi pensieri e riflessioni, che sono poi diventati il mio primo romanzo. Così insieme alle pubblicazioni scientifiche, nel 2011 ho pubblicato “L’inganno di una persona perbene”, che tratta della violenza di genere. È un thriller, scritto in maniera coinvolgente ma riflessiva, per poter divulgare la psicologia con un linguaggio accessibile a tutti, essendo i trattati scientifici assai complicati da comprendere per chi non conosce la materia. Nel 2018 è uscito il secondo romanzo, “Dall’alto non ti vedo” che, nel 2019, ha vinto il primo premio internazionale della manifestazione La locanda del doge. Attualmente ho pronti altri due romanzi. Attraverso di essi, spero di contribuire alla diffusione della Psicologia in modo da portarla al grande pubblico, a chi non ha l’occasione o l’interesse di approfondire studi scientifici sulla materia o che comunque non ha mai avuto a che fare con uno psicologo».
Quest’anno sarà ospite con un suo Salotto Culturale ad InChiostro Vivo. Come ha conosciuto A.LI.VE.?
«Ho conosciuto Paolo Facincani e Rosalba Catalani e sono ammirata dalla loro intraprendenza nel perseguire lo scopo sociale di A.LI.VE.; oggi dopo il lockdown, direi anche dal coraggio di esprimere l’intreccio educazione, cultura e creatività. È un’idea che consente agli allievi di approfondire se stessi, i propri doni e la propria realizzazione. Imparano a stare insieme, a gestire le proprie abilità e metterle anche a servizio degli altri».
Il suo Salotto Culturale del 18 luglio tratterà dell’eredità come memoria: cosa si aspetta da questo incontro?
«Camilla Zorzi e Silvia Masotti, le due registe e direttrici della scuola di teatro di A.LI.VE., hanno lavorato sul tema dell’eredità per i tre spettacoli che verranno proposti. Ho quindi pensato che fosse importante collegare il tema alla memoria e alla capacità di essere consapevoli e fautori della propria storia che va ricordata. Ripensando ai libri di storia che vengono studiati, molte cose vengono raccontate ma molte altre dimenticate; è invece molto importante avere memoria di che cosa ci è stato trasmesso. È allora importante conoscere la nostra storia per trametterne anche i valori, per scongiurare, ad esempio, come è successo nella storia de “Le Troiane” di Euripide, che le vicende delle donne greche, le loro identità e il loro valore venga dimenticato. Conoscere la storia ci permette anche di ripensare agli errori, per inserire nuovi elementi che interferiscono sul quel procedere “automatico” della vita. Nell’incontro perciò parlerò della figura femminile e mi aspetto un dialogo con i ragazzi, per intravedere cosa significhi introdurre nel proprio spazio vitale alcuni cambiamenti, facendo tesoro della memoria di quanto ereditato in modo consapevole”».