I VOLTI DI A.LI.VE.: IL MAESTRO GERARDO CHIMINI

A cura di Alice Martini

Incontriamo oggi il maestro Gerardo Chimini, insegnante di pianoforte nel Conservatorio di Brescia da lunga data e che, dopo alcuni anni di distacco dal suo ex allievo, il maestro Paolo Facincani, ha deciso di iniziare una collaborazione con A.LI.VE., per fare della sua esperienza una buona guida per gli allievi dell’Accademia.

Mi racconti la sua carriera accademica e lavorativa

«Ho cominciato lo studio del pianoforte a 4 anni, a 21 mi sono diplomato sotto la guida del maestro Conter e in quell’anno ho cominciato ad insegnare presso il Conservatorio di Brescia. Nel contempo mi sono perfezionato con Bruno Mezzena (ambedue i miei maestri sono stati allievi di A. Benedetti Michelangeli). Ho insegnato per 41 anni presso il Conservatorio di Brescia ed ho parallelamente tenuto corsi in Italia, Germania e Giappone. Ho inoltre tenuto concerti in tutta Europa, Brasile e Giappone come solista ed in formazioni cameristiche». 

Come ha conosciuto A.LI.VE.? Cosa ne pensa dell’Accademia?

«Conoscevo già Paolo Facincani, essendo stato per alcuni anni mio allievo. Dopo circa trent’anni ci siamo rivisti e subito sono venuto a contatto con la vulcanica attività di A.LI.VE. Che esistano simili strutture organizzate per l’arte e l’educazione dei giovani è oggi un fatto assai raro. Tutto è realizzato con decisione, passione e dedizione. Senza questi elementi non si possono raggiungere risultati positivi nelle singole discipline artistiche».

Qual è il suo rapporto con gli allievi?

«Il mio rapporto con gli allievi è ottimo. Subito si è innescato il desiderio di realizzare in maniera ottimale lo studio dello strumento. Nel rapporto con gli allievi è importante instillare una sana autodisciplina e conoscenza che sono alla base dello studio. Non basta una vita per capire e per realizzare le proprie aspirazioni artistiche. Grazie ai giovani allievi si è in costante contatto anche con i mezzi audiovisivi che stimolano noi maestri che apparteniamo ad una generazione diversa, tra l’altro sono molto utili per la difficile situazione che al momento stiamo attraversando».

Quali aspettative ha da questi corsi? 

«Mi aspetto che, finita questa pandemia, si possa allargare la prospettiva dei corsi anche con allievi esterni ad A.LI.VE., organizzare dei concerti per gli allievi, quindi mi aspetto tanta attività».

Qual è stata la maggior soddisfazione dei suoi anni di insegnamento in A.LI.VE.?

«Sono molto soddisfatto di questa realtà poiché, al giorno d’oggi, trovare un ambiente sereno dove i giovani possano attingere alla cultura musicale è cosa rara e trovare un riferimento artistico-sociale non è cosa di tutti i giorni».

Quali sono le sue aspettative e progetti per il futuro? 

«I progetti per il futuro sono numerosi, vista anche l’ubicazione e la bellezza del chiostro, annesso alla sede di A.LI.VE., la voglia di fare è enorme. La contingenza al momento è difficilissima, ma bisogna aver fiducia per il futuro».

Qual è la sua opinione sul panorama artistico culturale in Italia?

«Per rispondere a questa domanda potremmo drasticamente dire “stendiamo un velo pietoso”, ma preferisco condividere qualche riflessione più pacata. Per iniziare dico che la cultura musicale andrebbe coltivata fin dall’asilo, per poi arrivare ai Conservatori. Purtroppo quest’ultima riforma che li ha visti coinvolti ha distrutto il senso di alto artigianato che l’arte deve avere. In Italia ci sono tanti conservatori, ma sono pochissime le realtà di un certo livello. Secondo me la “scuola” non è ciò che prevede il regolamento ministeriale, la “scuola” la attuano gli insegnanti che hanno “la vocazione” e che sanno dare il loro esempio agli allievi. 

Ci sono poi, distribuite un po’ a macchia di leopardo in tutto il nostro Bel paese, iniziative molto valide, ma anche tante piccole o grandi scuole che con programmi inesistenti lucrano sul basso livello culturale della maggior parte delle persone. Poche sono le orchestre stabili, una quindicina, che spesso vivono alla giornata. Questo non fa bene a nessuno. D’altronde i nostri politici non hanno mai dimostrato interesse per la “Vera musica”, se non in qualche sporadica occasione. Mancano in Italia direttive guida che non dovrebbero sottostare alla burocrazia, ma dovrebbero essere ideate da poche persone che abbiano una visione ampia di cos’è l’educazione e la professione della Musica. Certo che se l’asticella di giudizio parte da un certo tipo di musica leggera, si capisce perché sia difficile comprendere e riconoscere il giusto valore e peso che l’Arte ha nella società. La tuttologia, brutta cosa, fa in modo che tutti non sappiano niente, provocando gravi danni alla Civiltà. Viene affermato che l’Italia sia il paese con il 70% dei beni artistici della Terra: ma siamo consci di quello che diciamo o no?».