LA MUSICA DI HEITOR VILLA-LOBOS A INCHIOSTRO VIVO

LA MUSICA DI HEITOR VILLA-LOBOS A INCHIOSTRO VIVO

Il concerto di chitarre del maestro Alessandro Borin

Il 5 giugno alle ore 21.15 nel Chiostro di Sant’Eufemia il festival InChiostro Vivo ospita, in qualità di docente di chitarra, Alessandro Borin, uno dei più importanti filologi italiani tra i cui lavori spicca la trascrizione in tempi moderni dell’opera omnia di Antonio Vivaldi per la casa editrice Ricordi. «Villa-Lobos è uno dei grandi amori della mia vita di musicista. Con lui ho cercato di percorrere una strada nuova: trascrivere le opere pianistiche, cameristiche e orchestrali per piccoli ensemble di chitarre. Il concerto del 5 giugno è un’occasione per ascoltare i frutti di questo lavoro e comunicarlo agli altri» ha affermato.

Maestro Borin, so che lei è un musicista poliedrico e che è impegnato su più fronti, tutti inerenti alla musica ma diversissimi tra loro. Ci spiega il suo percorso artistico e professionale?

«Ho iniziato a suonare la chitarra da bambino, affascinato dal suono di questo strumento così popolare. Gli anni del conservatorio sono stati fra i più entusiasmanti e ricchi di fascino che un ragazzo potesse desiderare. Ho avuto la fortuna di conoscere e studiare con tanti importanti maestri, fra cui il grande chitarrista venezuelano Alirio Diaz. L’incontro con Piero Bonaguri, col quale mi sono diplomato nell’ormai lontano 1990, ha segnato un punto di svolta nella mia vita, non solo a livello musicale. Penso che anche la passione per la musicologia e la scoperta sia nata durante gli ultimi anni di conservatorio, anche se è fiorita solo molti anni dopo. L’aver affrontato gli studi musicologici in età ‘matura’ non è stato un limite, ma una grande risorsa! Ho potuto scegliere i miei maestri, frequentare alcune delle università più prestigiose al mondo e lavorare a fianco di alcuni mostri sacri della filologia musicale. Oggi cerco di dare il mio contributo, sempre con un occhio di riguardo per i giovani, che sono destinati a raccogliere il nostro testimone. E’ importante che il patrimonio di incontri e di umanità che rende ricca e feconda la nostra vita non vada disperso». 

Il vostro sarà il primo concerto nel Chiostro (le recite de “La donna serpente” saranno a Villa Buri ndr) e si esibiranno dei giovanissimi chitarristi che eseguiranno le difficili musiche di Villa -Lobos. Ci spiega come è stato possibile arrivare a questo traguardo con i giovanissimi?

«Villa-Lobos, come altri grandi compositori del passato, è uno dei grandi amori della mia vita di musicista. A un certo punto ho avvertito il bisogno di condividere questo amore e questa passione con i miei allievi. In una età in cui non è sempre possibile affrontare lo studio dei grandi classici del nostro repertorio in veste di solisti, per ovvie ragioni anagrafiche, ho cercato di percorrere una strada nuova: trascrivere le opere pianistiche, cameristiche e orchestrali di Villa-Lobos per piccoli ensemble di chitarre, in maniera tale che i limiti di una tecnica ancora in via di formazione non pregiudicasse loro la possibilità di eseguire questi capolavori. Il concerto del 5 giugno è un’occasione per ascoltare i frutti di questo lavoro e comunicarlo agli altri». 

A.LI.VE. ha nel suo DNA la crescita artistica delle nuove generazioni, quindi nel nostro Festival dovreste sentirvi a casa. Come ha preparato i giovani chitarristi per questo evento importante dopo tanto tempo passato chiusi a casa? Come avete provato?

«La pandemia che ha condizionato così pesantemente le nostre vite, ci ha costretti a trovare nuove forme e nuove strade per portare avanti il lavoro iniziato nelle aule scolastiche e proseguito in tante esperienze vissute insieme. La passione di un giovane che si affaccia alla vita e cerca di seguire quello che di buono e di vero ha incontrato non si ferma davanti a nessun ostacolo! Con tanta disponibilità e un po’ di fantasia abbiamo gradualmente ripreso a suonare insieme, prima a distanza e poi in presenza, anche al di fuori della scuola. Questo tempo, posso dirlo con certezza, non è trascorso invano. La vita non si è fermata!». 

Come ha conosciuto il Maestro Facincani e cosa pensa della realtà di A.LI.VE.?

«In realtà io e Paolo ci conosciamo da poco. Ma fin dalla nostra prima chiacchierata al telefono ho avvertito una sintonia di fondo sulle questioni veramente importanti e che ci stanno più a cuore. Credo che A.LI.VE., prima ancora che una associazione musicale che si occupa di didattica e di spettacolo, sia soprattutto la ‘casa’ di tanti ragazzi giovani e meno giovani.  Una ‘casa’, vale a dire un luogo dove è nata – grazie alla passione di Paolo e dei suoi collaboratori – una storia particolare, a cui ciascuno è affezionato a cui si sente di appartenere».

Può darci un suo parere sulla crescita musicale delle nuove generazioni in Italia? Può indicarci secondo lei la strada da percorrere nel prossimo futuro? 

«Sarei tentato di rispondere alla sua domanda con le parole del maestro Piero Rattalino, che in una sua recentissima intervista (Tracce, maggio 2021) scrive: “La grande musica nasce dalle grandi questioni, dalle domande sull’amore, sulla vita, sulla morte”. Ecco, io credo che il cuore dei giovani sia lo stesso di sempre: affamato di verità, di giustizia, di bellezza. Oggi, però, più che in altre epoche storiche, viviamo sulla lama di un rasoio. “Mi chiedo insistentemente – prosegue infatti Rattalino – come comunicare alla coscienza dei giovani? Bisogna trovare nuove formule, raccontare storie, muovere emozioni, recitare suonando, fare un teatro di suoni, o il pubblico scomparirà. Se vogliamo che la gente esca di casa e non si accontenti del web dobbiamo cambiare”. Detto da un novantenne, credo sia una grande lezione!».

A cura di Alice Martini