LA PRIMAVERA DEL TEATRO ALIVINO pt.1

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Nuovi progetti, altri spazi, molti allievi

La nuova stagione teatrale di A.LI.VE. si avvicina ed è più ricca che mai, le nuove produzioni hanno toccato un nuovo record: cinque nuovi lavori, quasi settanta allievi e tre riprese. A.LI.VE. è sempre stata considerata un’accademia di musica, all’attivo con musicisti e coristi, ma negli ultimi anni il teatro è diventato uno zoccolo duro, una colonna portante delle nostre attività. Ho intervistato per voi le maestre dei corsi di teatro, Silvia Masotti e Camilla Zorzi.

Care Silvia e Camilla, abbiamo una miriade di cose di cui parlare! Da dove cominciare? Vi lancio una sfida, riuscite in poche righe a presentare tutti i lavori del 2018?

Prima di tutto, presentiamo i lavori dei più grandi, dove facciamo un lavoro teatrale, mentre con i più piccoli facciamo un lavoro più ludico, di laboratorio e legato alla loro crescita. I gruppi dei grandi sono: il gruppo di teatro avanzato, formato da allievi, di età compresa tra i 16 e i 24 anni, che lavorano con noi da molto tempo e che quest’anno metteranno in scena Un altro Gabbiano – esercizi di volo; il gruppo tutto al femminile, dove alcune allieve sono al terzo anno ma altre sono al primo, di età compresa tra i 14 e i 20 anni, che porteranno in scena Donne, al lavoro!; il gruppo dei ragazzi adolescenti, di età compresa tra i 13 e i 16 anni, che hanno lavorato su Telemachia. Il lavoro con i bambini è un lavoro molto diverso, parte dalla costruzione di un gruppo e dalla scoperta delle proprie risorse: scoprire che il teatro è una storia, un corpo, un’emozione, un lavoro con gli altri, per arrivare alla parola e alla costruzione di un racconto. Il gruppo mignon, formato da allievi dai 6 ai 9 anni, ha lavorato su Il Flauto Magico di Mozart, che riprende alcuni racconti delle tradizioni antiche nordiche. È una storia che parla di doppi, ogni personaggio ha un doppio: la regina della notte e il re del sole, la principessa e la papagena; è un lavoro che permette di lavorare sugli opposti che ci sono in ognuno di noi, nei bambini come nei grandi. Con loro costruiamo i costumi, inventiamo le scene, facciamo un gran lavoro di gruppo. C’è qualche bambino che lavora con noi da un paio d’anni che inizia ad avere delle responsabilità teatrali, mentre per i più piccoli è uno spazio di sperimentazione. Con un altro gruppo tutto al femminile, di ragazze che vanno dai 9 ai 12 anni, abbiamo scelto di lavorare a partire dal romanzo di Ende, Momo. È una storia molto particolare, di fantascienza e di fantasia, che parte da una riflessione sul valore del tempo, specialmente il tempo del racconto, delle storie, dell’ascolto.

Il profumo di novità si respira anche nelle location, potete svelarci qualcosa riguardo ai nuovi spazi che ospiteranno le produzioni (Satiro OFF, Teatro SS. Trinità e il chiostro di Sant’Eufemia)?

C’è sempre il fraintendimento che per fare bene teatro ci sia bisogno di un palcoscenico, ma non è per forza così; si fa teatro dovunque ci sia uno spazio accogliente che permetta ad alcuni di raccontare e ad altri di ascoltare con rispetto e con emozione una storia condivisa. È vero che per i gruppi dei giovani abbiamo condiviso delle riflessioni con Paolo Facincani per trovare degli spazi adatti che mettano in risalto la bellezza e la particolarità del lavoro con i giovani.

Lo spazio Satiro OFF ci accoglierà quest’anno e di questo ne siamo molto contente: è uno spazio piccolissimo, dentro le vie del centro storico, non ha una grande visibilità ma ha una storia, fin dagli anni ’70 era uno spazio di ricerca teatrale. Non ha palco scenico, molte volte il palco può essere un diaframma potente tra il pubblico e chi recita; qui invece si condivide uno spazio circolare. Il teatro SS. Trinità è un teatro con un palcoscenico e una platea che ha avuto un bel restauro, piccolo ma con tutte le caratteristiche per poter fare non solo un lavoro di messa in scena ma anche di rassegna, perché verranno portati diversi spettacoli ed è un progetto che andrà in scena ad ottobre. Il chiostro di Sant’Eufemia è uno spazio storico che chiude all’interno diverse realtà, uno spazio cittadino che offre grandi possibilità che scopriremo a breve. Inoltre, la realtà del chiostro porta anche in una dimensione di condivisione collettiva: il chiostro è come la piazza, l’antico teatro di strada – tra l’altro il teatro nasce proprio come teatro all’aperto. Può dare la possibilità soprattutto ai più grandi di essere visibili in una comunicazione più cittadina e pubblica.

Cinque gruppi di teatro all’attivo, quasi settanta allievi: come riuscite a gestire tutti quanti, dai piccoli di 6 anni ai quasi adulti di 20 anni?

Cinque anni fa siamo partite con il primo gruppo di teatro in A.LI.VE. con cinque allieve, ad oggi notiamo con piacere che il teatro di A.LI.VE. è uno spazio riconoscibile. È chiaro che il lavoro con i piccoli è diverso dal lavoro con i grandi, però in qualche modo è un continuum: il lavoro umano, il modo in cui ognuno trova nei testi o nelle esperienze teatrali lo spazio per cercare qualcosa di sé, è lo stesso. È anche bello vedere come lo stesso tipo di lavoro cambi dai piccolini e si trasformi durante la crescita per diventare un’altra cosa. E poi, sinceramente, dobbiamo dire che se avessimo tutti gruppi della stessa età sarebbe meno stimolante: con gruppi diversi è come mettere in campo ogni volta risorse e caratteristiche diverse di uno stesso modo di lavorare. Un’altra cosa bella è vedere come lo strumento teatro, che è uno strumento di crescita dove chiunque può entrare a contatto con dei contenuti personali e collettivi, cresce insieme alle persone. Lo strumento è sempre lo stesso, ma il rapporto con questo strumento, da un bambino di 7 anni ad un giovane di 24 anni, è differente, però allo stesso tempo ha delle radici comuni, quella di un desiderio e di una necessità, che secondo noi sono le due prerogative fondamentali per fare teatro.

Continuate a seguirci! Seguono tantissime altre informazioni e dettagli.

di Linda Micheletti

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