SIR ARTHUR: perché la cultura non va dimenticata
di Michele Marchiori
New Orleans è ormai alle nostre spalle, e si prospetta per noi l’ultimo musical dell’anno accademico, Sir Arthur.
Completamente diverso da New Orleans, Sir Arthur vuole incarnare i buoni sentimenti e tutti i pregi che la lettura ha in sé, smontando ogni teoria contro essa che i giovani spesso fanno: “Non ho mai tempo!”;”Che mi serve leggere? Tra sei mesi esce il film”! Guardando Sir Arthur ogni abominio come questi verrà debellato.
Lo spettacolo parla di un giovane, Arturo, così tanto immerso nelle nuove tecnologie da dimenticare il piacere di sedersi di sera a leggere un buon libro e di come il suo Sir Arthur stia lentamente scomparendo, ma con la sua caparbietà e l’aiuto del Narratore e del suo Assistente, Arturo ritroverà il gusto della lettura, senza la quale siamo costretti a pensare con la testa degli altri.
Lo spettacolo inizia e finisce tra il piacere assoluto del pubblico, che non riesce a trattenersi dalle risate delle divertenti scene comiche tra il Narratore Filippo Avesani e l’Assistente Francesco Biolcati, che sono il classico connubio tra il capo tiranno e l’assistente sottomesso ad ogni suo capriccio. Il pubblico oltre alle risate non riesce a trattenere lo stupore per l’incalzante ritmo rock dell’intera opera, che contiene anche influenze raggae, orientali e rap in alcune sue canzoni, sintomo che Alive è capace di spaziare da un genere all’altro mantenendo senza problemi la sua qualità standard.
Per quanto il palco fosse stato stretto e contenuto non ci sono stati problemi di movimento né per il coro né per le tre Sir Arthur, e i tecnici del suono hanno reso lo spettacolo liscio come l’olio per quanto riguarda microfoni, casse e tutto ciò che ne consegue.
Ora va aperta una breve parentesi sui due principali narratori di questa storia, Filippo Avesani e Francesco Biolcati. Francesco è ormai un veterano, uno che il pubblico conosce e riconosce senza problemi, tant’è che si sono potuti sentire alcuni spettatori, dopo lo spettacolo, dire: “Da Joe in New Orleans a qui ne passa eh, però è sempre bravissimo!” e di sicuro con Sir Arthur ha messo in mostra le sue doti più comiche, tant’è che le risate non si riuscivano a trattenere non solo nella platea, ma anche noi del coro molte volte (quasi costantemente ndr) ce la ridevamo di gusto: le sue imitazioni dell’essere umano medio davanti al televisore, a cena con gli amici e al centro commerciale, con quella voce da musicassetta riavvolta, erano veramente dei dolori allo stomaco, per le risate che procuravano, e il suo monologo con la ballerina, beh, ho cercato molte parole per descrivere quanto sia stato bravo (specie nelle sue improvvisazioni ndr), ma non sono riuscito a trovarne nessuna che fosse realmente adatta, mi sembravano tutte riduttive.
Per Filippo la questione è diversa, lui non doveva far ridere, lui era l’unico cattivo della storia. Che poi, spezziamo questa leggenda, non è cattivo. Anche lui come gli altri protagonisti vuole aiutare Arturo. Diciamo che lui dice le cose in maniera più schietta e per far capire le cose al giovane lo prova a raggirare, provando a vedere se ha ancora un briciolo di intelligenza per capire ciò che sta succedendo. Un debutto coi fiocchi per Filippo, uno dei migliori che ci si potesse immaginare: nemmeno un errore, tempistiche sempre ineccepibili e un’alchimia ottima con Francesco.
Sir Arthur è consegnato agli archivi e la stagione si sta per concludere, il pubblico, però, mantiene il suo affetto verso di noi costantemente vivo e noi cerchiamo di non deluderlo mai.
(da archivio ALIVE NEWS – 10 luglio 2013)