I GIOVANI E LA STORIA
Incontriamo il Tenente Colonnello De Maio, protagonista dell’intervento sulla Grande Guerra all’interno del programma di IN CHIOSTRO VIVO, in collaborazione con l’Associazione Sacrario del Baldo Onlus. Parliamo con lui dei giovani e del valore della storia nella crescita.
IN CHIOSTRO VIVO, un’iniziativa che riunisce nel centro di Verona storia, arte e giovani. Come si inserisce il Sacrario?
Fornire una risposta a questa sua domanda è un tantino complicato, ma ci provo:
Esaminiamo la frase “Nel centro di Verona si snoda l’iniziativa volta a raggruppare STORIA, ARTE E GIOVANI”, ebbene il Sacrario del Monte Baldo non possiede nulla di quanto riportato, eppure a mio dire trova pienamente titolo di essere rappresentato nel corso dell’iniziativa poiché racchiude nella sua esistenza, in uno spazio aperto al viandante desideroso di trovare conforto nel silenzio di un luogo reso sacro dalle gesta dell’uomo, i valori e i principi, ossatura di ogni libera e democratica società, i quali, parimenti alla bandiera che sovrasta ogni cosa e garrisce maestosa sul cippo a ricordo dei caduti di tutte le guerre, si ergono a guida della STORIA, sono di ispirazione nell’ARTE e costituiscono il modello nei GIOVANI.
Mi preme solo ricordare che ogni anno e precisamente la terza settimana di giugno, i cittadini dei 98 comuni della Provincia di Verona, accompagnati dalle figure istituzionali trascorrono una piacevole giornata all’aperto, con l’intento, insieme, di ricordare i tanti giovani e meno giovani caduti nel corso dei diversi conflitti che hanno interessato il Paese, quest’anno si celebrerà la XXXVI giornata del ricordo, che cade nell’anno di celebrazione della Grande Guerra.
I ragazzi del ’99, quando partirono per la Grande Guerra, erano più giovani di tanti di noi. Come avvicinare i giovani ad una tematica così forte?
Immaginando di svolgere la mia azione di educatore verso mio figlio, gli direi: le guerre sono sempre esistite e mi piacerebbe aggiungere, coscientemente, non esisteranno più nel prossimo futuro, ma di fatto così non è, e la storia, poc’anzi citata, ne è maestra. Tuttavia l’uomo consapevole di dover preservare la specie, lo fa cercando di trovare dei punti di forza ricorrendo tanto per citarne uno ad una regolamentazione delle condizioni proprie di un conflitto, limitando i mezzi e metodi di offesa, preoccupandosi di proteggere in un qualche modo le parti deboli nelle ostilità, riducendo, per quel che è possibile, i mali superflui e le sofferenze inutili e auspicando il pronto ritorno alla pace.
Oggi i geopolitici preferiscono parlare non di guerra, bensì di conflitto trovando in questo termine un’affermazione onnicomprensiva che va dalla guerra convenzionale, alle guerre interne ad uno stato o alle Alti Parti (termine utilizzato nelle Convenzioni di Ginevra) tra forze armate regolari e forze armate non regolari.
Di recente ha fatto molto scalpore in tutta Italia, il giovane ragazzo delle scuole superiori che si permette di assumere un atteggiamento da bullo nei confronti di un insegnante. Sono cominciate subito le invettive contro i giovani di oggi. A lei chiedo: è davvero tutta colpa dei ragazzi?
Posso provare ad abbozzare una risposta e, indossata la veste dell’educatore, mi porrei la domanda: “è tutta colpa mia oppure è solo il risultato di una società priva di valori o mossa da sciatteria, i cui modelli ispiratori di uomini e donne che si troveranno ad essere guida nella società sono fatti di pressapochismo?”. Mi sarei trovato presto in un vicolo cieco. La risposta è che le azioni ineducate, diciamo così, sono sempre da condannare chiunque sia il soggetto che le pone in essere. Così dicendo e prendendo quel gesto che lei ha menzionato “atteggiamento da bullo” come una provocazione da rivolgere all’insegnante, proporrei un diverso modello di ispirazione tale per cui l’azione di quel bullo dovrebbe essere improntata ad un atteggiamento quandanche di “sfida” nei confronti dell’insegnante certamente non violento, ma incentrato all’utilizzo del sapere, in modo che da quel confronto possa nascere una ragione di comune crescita volta ad approfondire la conoscenza. In buona sostanza apriamoci al sapere; le scorciatoie, se trovano immediate risposte, non sono utili soluzioni per il singolo e per la collettività.
Quanto è importante nella vita di un giovane il ricordo e il rispetto di ciò che è stato?
Potrei rispondere con un gesto d’amore. Chi non ricorda e felicemente, il primo amore, la prima fiamma viva che nello smuovere un corpo inerme gli ha dato carica adrenalinica in modo che tutto assumesse una esistenza definita.
La vita tuttavia ci riserva anche dei momenti “luttuosi” e così scriveva Emilio Lussu della vita di trincea, come una metafora di un destino ignoto, legato al tragico epilogo dei soldati che si lanciano oltre la trincea, verso il nemico: “Pronti per l’assalto! – ripeté ancora il capitano. Di tutti i momenti della guerra, quello dell’assalto era il più terribile. L’assalto! Dove si andava? Si abbandonavano i ripari e si usciva. Dove? Le mitragliatrici, tutte, sdraiate sul ventre imbottito di cartucce, ci aspettavano. Chi non ha conosciuto quegli istanti, non ha conosciuto la guerra”.
Facciamo in modo che chi non ha conosciuto quegli istanti ne possa solo leggerne la crudele sorte nei banchi di scuola.
Ecco parimenti la giornata del ricordo che come dicevo ci si appresta a vivere il prossimo 17 giugno presso il Sacrario del Monte Baldo, vuole essere una testimonianza di foscoliana memoria in modo da tenere unito in quei gesti che rimangono, dopo una separazione, ciò che ha dato un senso alla nostra esistenza.
In A.LI.VE. i ragazzi crescono in un gruppo imparando a vivere con gli altri. Qual è la forza di un gruppo positivo nella crescita di una persona?
Il gruppo muove nelle guerre, nelle competizioni e ti consente di vincere poiché la singola prerogativa diviene la forza di tutti. Gli inglesi usano dire “laddove non riesci a batter il nemico, alleati”. Ciò nonostante il gruppo è anche espressione di atti impropri. Volendoci soffermare esclusivamente “al positivo” mi sento certamente di dire che il gruppo, inteso come unione di sane virtù, consente l’interazione sociale ispirata ad una corretta rivalità e così con l’alternanza tra improvvisate esternazioni personali e ascolti di gruppo si verrà a creare quella personalità che nel gruppo e con il gruppo articolerà il sapere.
A.LI.VE. ha messo in scena l’Oste in mezo ale done”, che prova ad avvicinare i giovani alla tematica della guerra, dell’abbandono e della perdita. Lo rivedremo durante Inchiostro Vivo. Sono realtà molto distanti ma secondo lei cosa possono condividere i giovani di oggi con i giovani che hanno vissuto la guerra?
Nulla, è la risposta che mi verrebbe di dare secca. I giovani che hanno lasciato casa 1 secolo fa o 70 anni fa non possono condividere nulla con le generazioni che oggi muovono in contesti occidentali, diversamente dai giovani che sono costretti ad affrontare guerre civili a cui vanno fortemente aggiungendosi i giovani che vivono la conflittualità economica o religiosa. Samuel Huntington, uno dei massimi esperti di politica estera e consigliere dell’amministrazione americana, nel suo libro ”Lo scontro delle civiltà” scriveva: “la fonte di conflitto fondamentale nel nuovo mondo in cui viviamo non sarà sostanzialmente né ideologia né economica. Le grandi divisioni dell’umanità e la fonte di conflitto principale saranno legata alla cultura.”
Perché non perdere il suo intervento in IN CHIOSTRO VIVO?
L’intervento a cui fa riferimento consta di pensieri in libertà, condivisi tra amici uniti tra loro da sani valori e consapevoli principi, con l’intento di essere di una qualche utilità nella società che inesorabilmente muove e si connota di nuove sfide a cui giungere preparati. Aggiungo che per vincere le avversità della vita trovare più di un amico/amica che sappia essere da spalla da un lato e dall’altro propositivo di fondate parole saprà essere sì, conforto e nel contempo anche giusta guida.
Vi aspettiamo venerdì 8 giugno ore 9.30 per il convegno sulla Grande Guerra. Per informazioni e dettagli consultare il Sito Dedicato ad IN CHIOSTRO VIVO.
di Elisa Beverari